In ambito manifatturiero, l’adesione tra materiali dissimili, due materiali chimicamente differenti tra loro, rappresenta una problematica all’ordine del giorno. Se l’adesione deve avvenire in assenza di un collante, come nel caso del sovrastampaggio ad iniezione (l’iniezione di un polimero termoplastico alla temperatura di fusione sopra ad un substrato, polimerico o metallico, posizionato all’interno di uno stampo o in movimento all’interno di una testa di estrusione) durante lo stampaggio di materie plastiche, i due materiali devono avere una buona compatibilità chimica all’interfaccia, altrimenti saranno scarse le possibilità di farli aderire tra loro. Non solo i parametri di stampaggio del polimero da sovrainiettare e la temperatura del substrato, ma anche la chimica all’interfaccia tra i due materiali gioca un ruolo fondamentale nella buona riuscita dell’incollaggio. Spesso, infatti, temperatura e pressione non bastano per far aderire due materiali di natura diversa.
Il plasma può essere d’aiuto alla modifica chimica della superficie del substrato che deve accogliere il polimero da sovrastampare, così da ottimizzare l’adesione, garantendo un ancoraggio chimico, senza l’apporto di ulteriore materiale che potrebbe vanificare la geometria e le tolleranze del prodotto finale, o di primer sempre più limitati in quanto sempre meno green. Il plasma in vuoto risolve la mancanza di adesione, ma per processi da inserire in linea di produzione, o per substrati a profilo continuo, i lunghi tempi di attesa per la formazione del vuoto devono essere evitati: il plasma a pressione atmosferica risulta la soluzione più adatta.
All’interno del progetto regionale Joinplasm e in collaborazione con la società VBN, Nadir ha sviluppato un dispositivo al plasma atmosferico a geometria tubolare (Plasma Tubolare) per il trattamento e la funzionalizzazione chimica di profilati, andando a valutare l’incollaggio tra poliuretano termoplastico e acciaio inox. Tubi di acciaio sono stati pretrattati scorrendo all’interno del Plasma Tubolare, depositando un nano-coating sull’intera superficie esterna del tubo di acciaio. A valle del plasma, una linea di estrusione ha sovra-iniettato una guaina di TPU di alcuni millimetri di spessore.
Fondamentale è stata la scelta del precursore chimico da utilizzare all’interno del plasma: un monomero silossanico scelto opportunamente che, una volta polimerizzato è in grado di legarsi facilmente a substrati metallici e, grazie alla presenza di gruppi funzionali in esso contenuti, contribuisce al legame con le catene del poliuretano termoplastico, così da ottenere un’interfaccia coesa.
L’immagine a fianco è emblematica: un campione di TPU sovrainiettato ad una lastrina in acciaio è in trazione tra le ganasce dell’estensimetro, la coesione all’interfaccia tra i due materiali è evidente. Il grafico del carico in funzione dello spostamento evidenzia che non vi è adesione senza trattamento al plasma. La semplice attivazione al plasma aumenta l’energia superficiale dell’acciaio favorendo l’adesione, ma solo grazie alla funzionalizzazione al plasma dell’acciaio si ottiene coesione tra i due materiali.
Il processo al plasma evita l’uso di primer costosi, tossici e incompatibili con l’ambiente, risultando un processo economico, sicuro ed ecosostenibile.